Delega di pagamento rifiutata: le ragioni principali

Delega di pagamento: quando può venire rifiutata?

Chi ha in corso una cessione del quinto (e ha ancora tutti i requisiti oggettivi e soggettivi per farne richiesta) può aumentare la liquidità di cui ha bisogno provando ad accedere al prestito con delega di pagamento. Questo prende il nome anche di cessione del doppio quinto visto che la trattenuta a monte sullo stipendio sarà pari al 40% che si ottiene sommando due quote del 20% dello stipendio.

Come requisiti si hanno le stesse condizioni da rispettare della cessione del quinto ma, anche se il funzionamento è simile, ci sono delle differenze sulle modalità di approvazione. Proprio per questo può capitare che la delega di pagamento venga rifiutata con una valutazione di ‘merito’. Vediamo le ragioni che rendono meno automatica la sua concessione (approfondimento: Prestito rifiutato).

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La valutazione di ‘merito’

Quando parliamo di una valutazione basata sul merito non ci riferiamo al merito creditizio, ovvero all’affidabilità del richiedente. Quindi anche chi è un cattivo pagatore (approfondimento Prestiti per cattivi pagatori) o in generale non ha maturato una buona reputazione può richiedere la cessione del quinto e la delega di pagamento senza temere che questa debolezza possa portare ad un rifiuto.

Nel caso del prestito con delega una valutazione può essere fatta sia dalla finanziaria (o banca) che deve decidere se accogliere la richiesta, sia dal datore di lavoro (o amministrazione) che dall’assicurazione. Le motivazioni per cui un prestito con delega di pagamento venga rifiutato possono quindi essere differenti e nella maggior parte dei casi non ci si può opporre.

Quali possono essere i motivi del rifiuto?

Il primo aspetto da valutare è rappresentato dalla posizione lavorativa del richiedente. Ricordiamo che la cessione del quinto può essere richiesta da tutti i dipendenti pubblici e privati (fatte poche eccezioni legate al settore lavorativo e al tipo di contratto con alcune limitazioni per i part time e i contratti a tempo determinato) e da pensionati. Per il prestito con delega invece le offerte escludono i pensionati, e sono spesso indirizzate in maniera esclusiva ai dipendenti pubblici proprio per ridurre le possibili ingerenze del datore di lavoro.

Il datore di lavoro e gli istituti di credito

Il datore di lavoro può infatti decidere di non accogliere la volontà del proprio dipendente. Le ragioni possono essere molte e il problema sta nel fatto che non devono nemmeno essere spiegate o giustificate: è sufficiente che il datore di lavoro o l’amministrazione dia parere negativo per fermare il processo di valutazione da parte della società finanziatrice. E’ infatti prassi che ci sia uno scambio di informazioni nelle fasi iniziali tra istituto e datore di lavoro proprio per vedere se c’è o meno la disponibilità di quest’ultimo a collaborare prima di passare alla valutazione vera e propria.

Se il rifiuto dovesse arrivare dal datore di lavoro non si ha nulla da fare (cambiare società finanziatrice non cambierebbe la situazione), mentre nel caso di un rifiuto da parte di una società finanziatrice si può valutare di fare richiesta a qualcun altro a meno che non si abbiano più le condizioni per poter accedere a questo tipo di finanziamento.

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Un esempio tipico si ha quando si ottiene la cessione del quinto da una società finanziatrice che prevede delle restrizioni nella concessione della delega di pagamento (per esempio la cessione è rivolta a dipendenti pubblici e privati e anche ai pensionati, ma la delega di pagamento solo agli statali). Se si pensa di poter avere bisogno di passare dalla cessione del quinto a una cessione del doppio quinto, allora si deve fare una scelta a monte adatta, puntando ad una società che offre entrambe le possibilità per la propria categoria.

Ma attenzione: si tratta di una valutazione che va fatta con attenzione, visto che si rischia poi di ottenere una cessione del quinto non alle condizioni migliori, lasciando comunque aperta la possibilità che per altre ragioni (come il rifiuto del datore di lavoro) la richiesta del prestito con delega di pagamento venga poi comunque rifiutata.

Nel caso di banche o finanziarie su richiesta deve essere fornita la motivazione del rifiuto, ma è sufficiente che venga fatto un riferimento all’eccessiva ‘rischiosità’ dell’operazione per non procedere oltre.

Il criterio del rischio

Il discorso del rischio può arrivare anche da parte della compagnia di assicurazione (si ha sempre l’obbligo di stipulare l’assicurazione apposita). Quest’ultima, ad esempio, dovrà rivalutare le condizioni di salute del richiedente per appurare la presenza di nuove ‘criticità’ che potrebbero portare ad un rifiuto nel concedere ‘copertura’ alla delega di pagamento.

La cifra massima impegnata

Come altra ipotesi c’è quella sulla somma impegnata del proprio stipendio. Esiste infatti un limite imposto dalla legge che non permette di superare il 50% dell’ammontare complessivo come ‘impegno’ dei propri emolumenti. Ragionando solo su cessione del quinto e del doppio quinto si arriverebbe al 40% complessivo ma può succedere che ci siano già altre trattenute imposte dalla legge come nel caso di pignoramento (dovuto a creditori o al versamento di alimenti a ex e figli).

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Come ridurre il rischio di un rifiuto

Purtroppo non ci sono delle vere e proprie ricette a riguardo se non cercare di scegliere a monte una società finanziatrice che ha dei parametri di valutazione più morbidi e tolleranti. In questa ricerca non deve essere messa da parte la sfera della valutazione sulla convenienza. Nelle ricerche si può valutare di farsi assistere da un consulente, dovendo però valutare i aggiunta i costi che potrebbero essere sostenuti a causa del servizio ottenuto.

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